Grisham mi appassiona perché racconta in modo avvincente riuscendo anche a dare forma alla società degli Stati Uniti, ai suoi difetti, alle sue opportunità. Ne Il tempo della clemenza c'è la violenza domestica, la pena di morte, l'emarginazione sociale, la povertà, il vivere in bilico di chi ha a che fare, costantemente, con la legge. E poi c'è Jack Brigance e il suo mondo, nella contea di Ford. Bello, anche questo libro.
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Torinese, vivo a Biella. Percorso di studio professionale e un po' tortuoso però interessante tra la fisica, i diritti umani e le relazioni personali.
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diffrazioni ha recensito Il tempo della clemenza di John Grisham
diffrazioni ha recensito I cariolanti di Sacha Naspini
diffrazioni ha recensito L'uomo di Londra di Georges Simenon
diffrazioni ha recensito Le Case del malcontento di Sacha Naspini
Review of 'Le Case del malcontento' on 'Goodreads'
4 stelle
Il mondo di Sacha - nel senso di creato da lui, non so se lui qui ci abbia vissuto :) - con i suoi personaggi che s'intrecciano e s'incasinano. Bello, appassionante, un insieme di voci che fanno un gran bel coro.
diffrazioni ha recensito Harry Potter e i doni della morte di J. K. Rowling
Review of 'Harry Potter e i doni della morte' on 'Goodreads'
4 stelle
This is the end
Mio figlio e abbiamo iniziato nel luglio del 2021, con Harry Potter e la pietra filosofale e abbiamo finito adesso, nel luglio 2022, a leggere insieme e ad alta voce il settimo e ultimo libro della saga. Abbiamo seguito la crescita di Harry e i suoi amici e nel frattempo pure mio figlio è cresciuto (che passare da nove a dieci anni è comunque un bel saltino).
Ci siamo lasciati incantare da personaggi sorprendenti, alle volte un po' marginali rispetto alla trama e, naturalmente, abbiamo i nostri preferiti (che però non dico, perché dovrei fare spoiler). Abbiamo confrontato i libri con i film e, per quanto mi riguarda, lo stacco tra i due prodotti è nettissimo. Belli i film, certo, ma neanche lontanamente riescono a ridare un po' di quell'atmosfera e profondità delle vicende scritte. Alcuni personaggi nei libri sono ricchi e complessi, nei film mi …
This is the end
Mio figlio e abbiamo iniziato nel luglio del 2021, con Harry Potter e la pietra filosofale e abbiamo finito adesso, nel luglio 2022, a leggere insieme e ad alta voce il settimo e ultimo libro della saga. Abbiamo seguito la crescita di Harry e i suoi amici e nel frattempo pure mio figlio è cresciuto (che passare da nove a dieci anni è comunque un bel saltino).
Ci siamo lasciati incantare da personaggi sorprendenti, alle volte un po' marginali rispetto alla trama e, naturalmente, abbiamo i nostri preferiti (che però non dico, perché dovrei fare spoiler). Abbiamo confrontato i libri con i film e, per quanto mi riguarda, lo stacco tra i due prodotti è nettissimo. Belli i film, certo, ma neanche lontanamente riescono a ridare un po' di quell'atmosfera e profondità delle vicende scritte. Alcuni personaggi nei libri sono ricchi e complessi, nei film mi sono sembrate un po' delle macchiette (Sirius, ad esempio, mi ha fatto questo effetto).
Immagino che non sarò il primo e l'ultimo a dirmi perplesso del cambiamento di nomi che avviene nell'ultimo libro. Ho letto l'introduzione/spiegazione di Bartezzaghi in apertura del volume, ma non mi ha persuaso. La maggior parte dei personaggi li abbiamo ritrovati - era abbastanza facile - ma alcuni li abbiamo persi e, davvero, non capisco il vantaggio di chiamare la professoressa McGranitt Mc Gonagall e via dicendo.
In definitiva, ci mancherà un sacco.
diffrazioni ha recensito La figlia del ferro di Paola Cereda
Review of 'La figlia del ferro' on 'Goodreads'
4 stelle
Il dibattito sui crimini di guerra esiste da secoli e ancora non s'è chiuso. È vero che c'è tanto altro, nel libro di Paola Cereda, e la figura di Jole va ben al di là delle violenze subite. Ma mi resta soprattutto il racconto di quelle cose orribili che Paola Cereda non ha inventato, e che danno senso al concetto di 'crimini di guerra'. Ci sono cose che non devono essere fatte mai e se vengono fatte vanno punite. Il concetto di crimini di guerra è tutto qua, e ancora non l'abbiamo affermato.
diffrazioni ha recensito Harry Potter e il principe mezzosangue di J. K. Rowling
Review of 'Harry Potter e il principe mezzosangue' on 'Goodreads'
4 stelle
Ne succedono di cose, in questo sesto libro, eccome se ne succedono. Ma è comunque un libro di passaggio o, meglio una prima parte dell'epilogo della vicenda di Harry Potter che qui, in queste pagine, è appena cominciato. Bello e avvincente come tutti gli altri, ma non indugiamo: siamo alla resa dei conti. Stasera s'inizia il sette.
diffrazioni ha recensito My Brilliant Friend di Elena Ferrante
diffrazioni ha recensito Harry Potter e l'Ordine della Fenice di J. K. Rowling
Review of "Harry Potter e l'Ordine della Fenice" on 'Goodreads'
5 stelle
Più di ottocento pagine e, secondo me, non c'è una riga di troppo. Non c'è una divagazione fine a se stessa, un momento di autocompiacimento. È come se Joanne Rowling avesse sempre in mente - come se ce l'avesse avuto sino dall'inizio - dove vuole andare, dove vuol portare chi legge. Non ho le competenze per dire se nel caso di Rowling si possa parlare di letteratura, narrativa o cosa. Però mi pare - sempre per quel poco che vale il mio giudizio - abilissima nel tessere la trama di un lungo racconto.
Mi pare inoltre che abbia saputo costruire i personaggi in modo funzionale alla storia, ma comunque approfondito. Harry Potter sarà pure un mago che fa cose strane in un mondo fantastico. Ma è pur sempre un adolescente e questa cosa, secondo me, viene fuori.
La saga di Harry Potter finora è stata per me un crescendo: il …
Più di ottocento pagine e, secondo me, non c'è una riga di troppo. Non c'è una divagazione fine a se stessa, un momento di autocompiacimento. È come se Joanne Rowling avesse sempre in mente - come se ce l'avesse avuto sino dall'inizio - dove vuole andare, dove vuol portare chi legge. Non ho le competenze per dire se nel caso di Rowling si possa parlare di letteratura, narrativa o cosa. Però mi pare - sempre per quel poco che vale il mio giudizio - abilissima nel tessere la trama di un lungo racconto.
Mi pare inoltre che abbia saputo costruire i personaggi in modo funzionale alla storia, ma comunque approfondito. Harry Potter sarà pure un mago che fa cose strane in un mondo fantastico. Ma è pur sempre un adolescente e questa cosa, secondo me, viene fuori.
La saga di Harry Potter finora è stata per me un crescendo: il quinto libro mi è piaciuto più del quarto che mi è piaciuto più del terzo che mi è piaciuto più del secondo che mi è piaciuto più del primo. Se continua così, non vedo l'ora di iniziare il sesto.
diffrazioni ha recensito La scrittrice del mistero di Alice Basso
Review of 'La scrittrice del mistero' on 'Goodreads'
3 stelle
Ho iniziato a leggere le avventure di Vani Sarca imbattendomi nel successivo libro, cioè l'ultimo. Quindi ho fatto il giro sin dall'inizio e con questo ho colmato il gap. La sensazione è sempre positiva. La narrativa è piena di libri che parlano di libri e di scrittori. Anche la serie di Vani Sarca lo fa, accidenti se lo fa, ma in modo un po' dissacrante e questo lo rende divertente. Le citazioni letterarie sono tante, ma nella maggior parte dei casi le riconosco (il che significa che non sono troppo colte o elitarie, sennò non le riconoscerei).
diffrazioni ha valutato Non ditelo allo scrittore: 3 stelle
Non ditelo allo scrittore di Alice Basso
Deve scrivere nell’ombra I libri sono il suo rifugio Perché loro hanno tutte le risposte
A Vani basta notare un …
diffrazioni ha recensito LA Sovrana Lettrice di BENNETT Alan -
diffrazioni ha recensito Harry Potter e il calice di fuoco di J. K. Rowling
Review of 'Harry Potter e il calice di fuoco' on 'Goodreads'
4 stelle
La lettura ad alta voce, tra me e mio figlio, continua e questo è, a mio avviso, il più bello che abbiamo letto sinora. Cosimo - mio figlio, appunto - preferisce ancora il terzo. Questa differenza di pareri credo sia comprensibile se, come mi pare, questo è il libro in cui c'è più malinconia.
Dopo aver letto il libro, come abbiamo fatto per i primi tre, abbiamo visto il film e per quanto questo sia un'opera molto godibile, è quello in cui il distacco con il libro lo avverto di più. La ricchezza di ambienti, personaggi, sfumature, nel libro è molto grande: riuscire a riassumerla nelle pur due ore abbondanti del film mi sembra davvero difficile.
diffrazioni ha recensito Placemaker di Elena Granata
Review of 'Placemaker' on 'Goodreads'
4 stelle
Il lato folle dell'architettura
«Se per strada ci sono bambini che vanno in bicicletta o che giocano a palla, se ci sono persone che passeggiano, la velocità e i tragitti delle auto dovranno essere ripensati privilegiando l'uso degli spazi aperti da parte delle persone».
È una delle cose più sovversive che mi sia capitato di leggere negli ultimi tempi. L'ho trovata in Placemaker. Gli inventori dei luoghi che abiteremo, un libro scritto da Elena Granata, professoressa di urbanistica presso il Politecnico di Milano, e pubblicato da Einaudi. La frase si riferisce a Delft, la città olandese del pittore Vermeer, dove questa cosa sovversiva la fanno davvero.
Pensare che nelle strade si possa dare priorità ai bambini che giocano e non alle auto, secondo me, non è solo sovversivo, è pure folle: sarò un po' influenzato dal mio essere nato e vissuto a Torino, città dove nessuna amministrazione riesce - …
Il lato folle dell'architettura
«Se per strada ci sono bambini che vanno in bicicletta o che giocano a palla, se ci sono persone che passeggiano, la velocità e i tragitti delle auto dovranno essere ripensati privilegiando l'uso degli spazi aperti da parte delle persone».
È una delle cose più sovversive che mi sia capitato di leggere negli ultimi tempi. L'ho trovata in Placemaker. Gli inventori dei luoghi che abiteremo, un libro scritto da Elena Granata, professoressa di urbanistica presso il Politecnico di Milano, e pubblicato da Einaudi. La frase si riferisce a Delft, la città olandese del pittore Vermeer, dove questa cosa sovversiva la fanno davvero.
Pensare che nelle strade si possa dare priorità ai bambini che giocano e non alle auto, secondo me, non è solo sovversivo, è pure folle: sarò un po' influenzato dal mio essere nato e vissuto a Torino, città dove nessuna amministrazione riesce - neppure quelle che ci provano davvero - a limitare la circolazione delle auto, figuriamoci a dare le strade a chi ci vuole giocare a pallone o a bocce.
Ma il libro di Elena Granata è pieno di follie che, a farla semplice, definisco così: tentativi di ripensare gli spazi in cui viviamo con l'obiettivo di far vivere bene le persone.
Oggi non è così. Negli spazi in cui abitiamo, lavoriamo, ci muoviamo s'è costruito senza pensare al benessere delle persone. Le stesse costruzioni di pregio - in cui cioè si è investito molto per tirarle su o per ristrutturarle - rispettano un elevato canone estetico ma spesso non sono in relazione con il territorio e con le persone che vi abitano (Granata fa l'esempio della Fondazione Prada, a Milano).
Per ribaltare questo approccio è necessaria parecchia follia, mi sembra di capire leggendo Placemaker. Occorre dare il giro all'architettura che vede protagonisti gli archistar: a Venezia abbiamo 'il ponte di... '; a Torino 'il grattacielo di... '; a Reggio Emilia 'la stazione di...', a Roma 'la nuvola di...'.
Forse - penso io - più che identificare e valorizzare la tal opera affiancandovi il di seguito dal nome dell'architetto famoso, sarebbe interessante mettere un per, seguito dal motivo per cui quella costruzione è stata realizzata, soddisfacendo quale bisogno di quali persone che quel territorio abitano.
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Elena Granata dice che servono creatori di luogo, Placemaker, che sappiano partire dall'ascolto delle persone che abitano nei territori in cui vogliono intervenire.
E qui mi pare che nel libro di Elena Granata ci sia un'altra follia: quella di esaltare l'incrocio delle conoscenze.
Per carità, tutte e tutti saremmo d'accordo nel dire che avere la mente aperta sia un valore. Ma chi, in pratica, esalterebbe «la capacità di migrare da una disciplina all'altra con libertà, di stare al margine sulla soglia del proprio sapere, della propria identità e professione»?
Insomma, i placemaker di cui racconta Granata non hanno per forza una laurea in architettura. Anzi, raramente hanno una competenza specialistica particolarmente spiccata. Il che, appunto, suona folle, in una clima culturale che spinge alla specializzazione. Ma forse questa cosa ci sembra folle perché, quando pensiamo al contrario di 'competente su un argomento specifico', ci viene in mente non l'incompetente. Ci viene in mente il 'competente in tanti argomenti', cioè colui che parla pubblicamente di tante cose diverse a prescindere dal fatto che ci capisca qualcosa o meno. Il ciarlatano, insomma.
Il placemaker però non è uno che ha - o millanta - tante competenze, è uno che le fa incrociare, le tante competenze. E per riorganizzare gli spazi in cui viviamo, ne servono parecchie di competenze, ed Elena Granata dedica un sacco di pagine a questa esigenza di uscire dalla specializzazione esasperata.
Placemaker è un libro che alterna racconti di esperienze a riflessioni dell'autrice. Che va dal ragionare sulla disposizione dei banchi nelle scuole al modo di lavorare. Che parla di «padri benestanti, colti e intellettuali» che hanno capito come va il mondo e lo spiegano ai figli o più in generale ai giovani, scrivendo libri di vario successo con «il compiaciuto atteggiamento di chi ci è passato (dall'essere figlio e sdraiato) e poi ne è guarito e ora può elargire consigli e suggerimenti». Questo atteggiamento paternalista, spiega Placemaker, si riflette anche sul modo con cui le città sono costruite e organizzate: cioè senza occuparsi più di tanto delle donne, delle famiglie, dei bambini.
Insomma, c'è davvero molto materiale in questo lavoro di Elena Granata, tant'è che ci sono pure io. O meglio, si parla delle famiglie che, come la mia, hanno scelto di abbandonare una grande città per andare a vivere in una città intermedia (da Torino a Biella, nel mio caso). È un altro passaggio importante, questo: la professoressa Granata mette in guardia dal racconto secondo cui tutti vivremo in sterminate metropoli non particolarmente attraenti (come la Città Est di Nathan Never, per fare un riferimento colto). Non è così: le città intermedie stanno già adesso crescendo e ancor più potranno crescere in futuro, aiutandoci nelle sfide che dobbiamo affrontare.
Perché riprogettare gli spazi in cui viviamo è una necessità: la pandemia ce lo sta dimostrando. Ma se la pandemia si toglierà dai piedi, prima o poi, il caos climatico non può far altro che crescere - tanto o tantissimo, ma crescerà - e per questo ci servono città e più in generale luoghi realizzati pensando a far stare bene le persone. E anche se non ci fossero né pandemie né il riscaldamento globale, varrebbe comunque la pena, dare spazio ai placemaker: Elena Granata lo dimostra raccontando, nel finale, un caso che le sta decisamente a cuore - non dico quale: anche con i saggi non bisogna fare spoiler - in cui alcuni uomini hanno deciso di buttare la natura fuori da una città.
Un vero peccato, perché lasciando convivere natura e persone, nelle città si vivrebbe decisamente meglio.