diffrazioni ha valutato La cruna dell'ago: 4 stelle
La cruna dell'ago di Ken Follett
One enemy spy knows the secret to the Allies' greatest deception, a brilliant aristocrat and ruthless assassin -- code name: …
Torinese, vivo a Biella. Percorso di studio professionale e un po' tortuoso però interessante tra la fisica, i diritti umani e le relazioni personali.
Questo collegamento si apre in una finestra pop-up
One enemy spy knows the secret to the Allies' greatest deception, a brilliant aristocrat and ruthless assassin -- code name: …
Ah, questi padri!
Arrivo dalla lettura de L'avversario, dove un padre di famiglia combina un gran disastro, per approdare a questo libro, dove un padre troppo apprensivo mette in imbarazzo il figlio (succede nelle prime pagine, non svelo un granché). Insomma, i padri sembrano appassionare Emmanuel Carrère.
Contrariamente a quella de L'avversario, che è una storia vera, questa - che è inventata - non mi ha preso granché. C'è un ragazzo che va in settimana bianca con la sua classe, l'età è da elementari, e però non si diverte moltissimo, intorcigliato su sé stesso (forse anche per colpa del padre apprensivo) invece che aperto alle relazioni con compagne e compagni.
C'è anche un po' di giallo, con tanto di delitto misterioso, che però non mi sembra così rilevante nello svolgimento della storia.
Una storia tremenda e assurda
Una storia - vera - come questa è talmente angosciante e talmente assurda che viene da chiedermi: come la si maneggia? Carrère ci ha provato entrando in contatto con il suo protagonista, Jean-Claude Romand e, per quanto gli è stato possibile, con altri personaggi che ne hanno fatto parte. Il risultato mi sembra valido: Carrère non indugia sull'orrore, non gioca sugli effetti a sorpresa, si mette dentro la storia ma senza esagerare.
Non riesce a mio avviso, a far capire come sia possibile che questa persona abbia ingannato in modo incredibile, e per diciotto anni, le persone con cui viveva, la moglie e i genitori innanzitutto nonché un amico intimo. Ma forse è impossibile rispondere a questa domanda, dal momento che l'unico sopravvissuto è l'amico, per di più molto traumatizzato dalla vicenda.
Da questo libro è stato tratto un film omonimo, del 2002, che ha …
Una storia tremenda e assurda
Una storia - vera - come questa è talmente angosciante e talmente assurda che viene da chiedermi: come la si maneggia? Carrère ci ha provato entrando in contatto con il suo protagonista, Jean-Claude Romand e, per quanto gli è stato possibile, con altri personaggi che ne hanno fatto parte. Il risultato mi sembra valido: Carrère non indugia sull'orrore, non gioca sugli effetti a sorpresa, si mette dentro la storia ma senza esagerare.
Non riesce a mio avviso, a far capire come sia possibile che questa persona abbia ingannato in modo incredibile, e per diciotto anni, le persone con cui viveva, la moglie e i genitori innanzitutto nonché un amico intimo. Ma forse è impossibile rispondere a questa domanda, dal momento che l'unico sopravvissuto è l'amico, per di più molto traumatizzato dalla vicenda.
Da questo libro è stato tratto un film omonimo, del 2002, che ha Daniele Auteuil nei panni di Romand, nonché un film dal titolo A tempo pieno, del 2001, che però non riproduce esattamente la vicenda ma ne è ispirato.
Le grane di un fisico
Mi pare di aver capito che a McEwan la scienza - e la fisica in particolare - piaccia parecchio. Ne ho ritrovata traccia in suoi vari libri e pure in questo ce n'è parecchia. Il libro l'ho trovato interessante, di piacevole lettura, capace anche di creare suspense e, verso la fine, spiazzarmi.
Non mi hanno convinto due cose. Primo, le tante pagine dedicate proprio alla scienza, che ho trovato un po' didascaliche. Secondo, un passagio nella trama che ho trovato frettoloso, mi è sembrato poco costruito. Non la esplitico, sennò faccio spoiler, mi limito a dire che si tratta di un cambio di relazione tra i due protagonisti che, secondo me, è stato un po' repentino.
Il fascino delle ambientazioni di Simenon colpisce ancora. La storia è raccontata in prima persona da un avvocato parigino di successo, ed è una storia anche abbastanza banale. Ma, in fondo, la grande letteratura non è forse saper fare grandi storie a partire da vicende banali?
"Ho imparato ad accettare, nei miei quarantaquattro anni, che ci sono cose che non capisco ma ho imparato pure, ed è stato difficile (perché vengo dal Novecento) che ciò che non capisco non è incomprensibile o sbagliato, semplicemente non lo capisco".
Ho amato moltissimo La matematica è politica e anche perciò mi sono fiondato su questo saggio (stesso editore, stessa collana che mi piace assai). Quest'altra opera mi ha però coinvolto di meno.
Resto appeso
Divido la mia lettura di Fidanzati dell'inverno in tre fasi. La prima è quella in cui vengo introdotto nel mondo di Ofelia. Questa fase mi è piaciuta, mi sono appassionato. La seconda fase è quella in cui Ofelia comincia il suo viaggio (qualcuno direbbe il viaggio dell'eroe eccetera...) e anche questa l'ho trovata piacevole. La terza è quella in cui viene coinvolta negli intrighi tra i potenti del paese in cui è finita. E qui, in questa terza fase, decisamente la più lunga, mi sono perso.
Non penso di fare spoiler se dico che questo volume non finisce, direi che non arriva neppure a una tappa, anzi, ti piazza nel finale un cliffhanger tipo serie televisiva. Personalmente, però, penso che me ne resterò appeso senza andare avanti.
Che affollamento
Premessa: Dieci piccoli indiani è per me uno dei libri più belli che abbia letto. Quindi mi avvicino sempre con qualche pregiudizio ai romanzi di Christie che hanno come protagonista Poirot, la cui presenza alle volte mi pare un po' eccessiva, un po' ingombrante. La mia sensazione è che quando Poirot non c'è, la scrittrice si soffermi meno sui 'suoi occhi grigi da gatto', sulle sue 'osservazioni acute', insomma nella descrizione dettagliata del protagonista e lasci più spazio alle atmosfere, alle ambientazioni.
Poirot è sul Nilo, ma avrebbe potuto essere in tanti altri posti. Ci sono molti personaggi, e qua e là ho fatto fatica a ricordami chi fosse chi. Comunque, il giallo fila via liscio ed è pure divertente.
Uno su tre
Alla conferenza di uno studioso sulla deportazione, il professor Brunello Mantelli, mi colpì una frazione. Un terzo, uno su tre. In Italia, su tre deportati nei campi di concentramento nazisti, uno era stato catturato e avviato alla deportazione da italiani. Italiane e italiani hanno contribuito attivamente, riuscendoci, a riempire i lager nazisti con loro concittadini.
A guerra finita, questo zelo genocida di noi italiani è stato dimenticato. Per vari motivi: si voleva andare avanti, non siamo in grado di fare autocritica e credo anche la paura di dover fare i conti con le proprie responsabilità, se si indicano quelle di chi ci sta vicino.
Però, i conti con questa cosa li dobbiamo fare e Villa del seminario credo sia molto utile, per farlo. Il nostro collaborazionismo con il nazismo è stato alle volte improvvisato, alle volte organizzato. I centri di reclusione - chiamarli campi di concentramento forse …
Uno su tre
Alla conferenza di uno studioso sulla deportazione, il professor Brunello Mantelli, mi colpì una frazione. Un terzo, uno su tre. In Italia, su tre deportati nei campi di concentramento nazisti, uno era stato catturato e avviato alla deportazione da italiani. Italiane e italiani hanno contribuito attivamente, riuscendoci, a riempire i lager nazisti con loro concittadini.
A guerra finita, questo zelo genocida di noi italiani è stato dimenticato. Per vari motivi: si voleva andare avanti, non siamo in grado di fare autocritica e credo anche la paura di dover fare i conti con le proprie responsabilità, se si indicano quelle di chi ci sta vicino.
Però, i conti con questa cosa li dobbiamo fare e Villa del seminario credo sia molto utile, per farlo. Il nostro collaborazionismo con il nazismo è stato alle volte improvvisato, alle volte organizzato. I centri di reclusione - chiamarli campi di concentramento forse è meglio - ci sono stati, anche in una struttura religiosa, come quella in cui Naspini ambienta questo suo romanzo.
Postumo
Ho letto questo libro in preparazione di una puntata di Wikiradio, nella ricorrenza della nascita di Emilio Segrè, uno dei ragazzi di via Panisperna. Interessante, molto, perché riporta il punto di vista di un protagonista di una stagione straordinaria, nella storia della scienza.
Devo dire, però, che mi ha colpito il giudizio parecchio severo che, ogni tanto, Emilio Segrè ha riservato a personaggi incontrati nella sua vita. Alcuni erano già morti, al momento della scrittura, certo, ma potevano avere parenti che si sarebbero risentiti e altri erano comunque ancora vivi. Nell'appendice scritta dalla moglie ho scoperto che, per disposizioni di Segrè stesso, il libro è stato pubblicato dopo la sua morte.
Geniale sino in fondo.
Roma, Barcellona, Praga: che triangolo!
Mi piace Naspini e quindi ho preso volentieri anche questo sua opera giovanile (o comunque quando non era ancora famoso com'è adesso). In più adoro Praga. Roma e Barcellona non è che ci siano molto, ma ci sono. Insomma, imperdibile, viste le premesse, e ne valeva la pena. Qua è c'è u po' di viulenza, che a me non sempre piace, però non è messa lì tanto per metterla, ecco.