Seymour Levov è un ricco americano di successo: al liceo lo chiamano «lo Svedese». Ciò …
Review of 'Pastorale americana' on 'Goodreads'
3 stelle
Ho fatto un esperimento un po' bizzarro, con questo libro. Ogni volta che finivo un capitolo, mi fermavo per un po' di giorni, e leggevo altro. Le ultime cento pagine, invece, le ho lette senza interruzioni. Non saprei dire com'è andato l'esperimento - diciamo che non lo rifarò presto - in quanto al libro, mi è piaciuto senza però particolari entusiasmi.
Sicuramente mi ha un po' condizionato la difficoltà a ricostruire i piani narrativi - chi sta parlando e a chi? - ma è certo un limite mio. Ho trovato poi alcune fasi eccessivamente lente (tipo una festa che dura un sacco). Però è certo una grande storia, questa dello svedese, e mi fa piacere averlo letta.
«Sono sempre stata insofferente al principio di autorità, mai alla regola». E la matematica è il regno delle regole, che non sono immutabili, che evolvono a seconda di quello che si capisce, degli errori che si fanno, dei punti di vista che si aggiungono. Esattamente come dovrebbe essere per la democrazia.
È una perla, questo breve libro di Chiara Valerio. La scrittrice non dice mai che noi italiani siamo un popolo di ignoranti, in matematica (mi permetto di dirlo io) ma dice che la matematica è una disciplina intesa come minore. Ci possiamo autodenunciare come incompetenti, in matematica, senza alcuna vergogna, anzi, contando di suscitare un po' di simpatia.
E questo è un problema serio, non solo per la qualità della nostra cultura in generale ma anche per la democrazia in cui, a fatica, proviamo a vivere. Un problema che ha origini lontane: illustri e influenti personalità, come Croce e …
«Sono sempre stata insofferente al principio di autorità, mai alla regola». E la matematica è il regno delle regole, che non sono immutabili, che evolvono a seconda di quello che si capisce, degli errori che si fanno, dei punti di vista che si aggiungono. Esattamente come dovrebbe essere per la democrazia.
È una perla, questo breve libro di Chiara Valerio. La scrittrice non dice mai che noi italiani siamo un popolo di ignoranti, in matematica (mi permetto di dirlo io) ma dice che la matematica è una disciplina intesa come minore. Ci possiamo autodenunciare come incompetenti, in matematica, senza alcuna vergogna, anzi, contando di suscitare un po' di simpatia.
E questo è un problema serio, non solo per la qualità della nostra cultura in generale ma anche per la democrazia in cui, a fatica, proviamo a vivere. Un problema che ha origini lontane: illustri e influenti personalità, come Croce e Gentile, di scienza forse capivano poco, certo la disprezzavano. C'erano anche personaggi di prim'ordine, nella matematica italiana, come Federigo Enriques. Ma, ricorda Valerio, «la riforma della scuola la firma Gentile e non Enriques, e addio centralità delle scienze esatte nello sviluppo culturale dell'Italia».
Se proprio devo trovare qualcosa che non mi è piaciuto, in questo libro, sono i riferimenti ad alcuni fatti di attualità. Ma questo perché il libro vola molto alto e così il citare alcuni passaggi di personaggi che - almeno spero io - dimenticheremo presto, a me stona, rispetto invece al ruolo che la matematica potrà svolgere sempre nello sviluppo delle nostre società.
«Vorrei confessare che non sono più in grado di risolvere un'equazione differenziale, di svolgere un integrale e credo avrei anche difficoltà con i problemi classici di geometria piana, ma vorrei chiarire che tutte queste cose e altre più indicibili, sono state il mio pane per molti anni». Poco tempo fa ho ripreso in mano la mia tesi - in meccanica quantistica - e non ci ho capito granché. Insomma, mi sono ben immedesimato :)
Review of 'La matematica è politica' on 'Goodreads'
4 stelle
«Sono sempre stata insofferente al principio di autorità, mai alla regola». E la matematica è il regno delle regole, che non sono immutabili, che evolvono a seconda di quello che si capisce, degli errori che si fanno, dei punti di vista che si aggiungono. Esattamente come dovrebbe essere per la democrazia.
È una perla, questo breve libro di Chiara Valerio. La scrittrice non dice mai che noi italiani siamo un popolo di ignoranti, in matematica (mi permetto di dirlo io) ma dice che la matematica è una disciplina intesa come minore. Ci possiamo autodenunciare come incompetenti, in matematica, senza alcuna vergogna, anzi, contando di suscitare un po' di simpatia.
E questo è un problema serio, non solo per la qualità della nostra cultura in generale ma anche per la democrazia in cui, a fatica, proviamo a vivere. Un problema che ha origini lontane: illustri e influenti personalità, come Croce e …
«Sono sempre stata insofferente al principio di autorità, mai alla regola». E la matematica è il regno delle regole, che non sono immutabili, che evolvono a seconda di quello che si capisce, degli errori che si fanno, dei punti di vista che si aggiungono. Esattamente come dovrebbe essere per la democrazia.
È una perla, questo breve libro di Chiara Valerio. La scrittrice non dice mai che noi italiani siamo un popolo di ignoranti, in matematica (mi permetto di dirlo io) ma dice che la matematica è una disciplina intesa come minore. Ci possiamo autodenunciare come incompetenti, in matematica, senza alcuna vergogna, anzi, contando di suscitare un po' di simpatia.
E questo è un problema serio, non solo per la qualità della nostra cultura in generale ma anche per la democrazia in cui, a fatica, proviamo a vivere. Un problema che ha origini lontane: illustri e influenti personalità, come Croce e Gentile, di scienza forse capivano poco, certo la disprezzavano. C'erano anche personaggi di prim'ordine, nella matematica italiana, come Federigo Enriques. Ma, ricorda Valerio, «la riforma della scuola la firma Gentile e non Enriques, e addio centralità delle scienze esatte nello sviluppo culturale dell'Italia».
Se proprio devo trovare qualcosa che non mi è piaciuto, in questo libro, sono i riferimenti ad alcuni fatti di attualità. Ma questo perché il libro vola molto alto e così il citare alcuni passaggi di personaggi che - almeno spero io - dimenticheremo presto, a me stona, rispetto invece al ruolo che la matematica potrà svolgere sempre nello sviluppo delle nostre società.
«Vorrei confessare che non sono più in grado di risolvere un'equazione differenziale, di svolgere un integrale e credo avrei anche difficoltà con i problemi classici di geometria piana, ma vorrei chiarire che tutte queste cose e altre più indicibili, sono state il mio pane per molti anni». Poco tempo fa ho ripreso in mano la mia tesi - in meccanica quantistica - e non ci ho capito granché. Insomma, mi sono ben immedesimato :)
Niven immagina gli Stati Uniti tra qualche anno. Immagina che la frangia più estrema e reazionaria tra i supporter di Trump sia diventata larga maggioranza, in tutto il paese. In questo contesto ambienta la sua storia, che a me fa venire in mente a tratti Breaking Bad, a tratti Kill Bill. Non azzardo a dire che si tratti di scopiazzature, però neppure mi sembra che alcune trovate siano particolarmente originali.
«La lista degli stronzi» mi sembra soprattutto un libro di denuncia su quello che potrebbero diventare gli Stati Uniti, se le cose andassero nel peggiore dei modi possibili. Ma anche così mi pare un libro debole, perché i cattivi sono davvero delle macchiette (che poi ne esistano davvero, di personaggi così, non ne dubito: ho appena letto che moglie e marito che hanno puntato la pistola e il fucile di fronte a dei manifestanti colpevoli di passare davanti a casa …
Niven immagina gli Stati Uniti tra qualche anno. Immagina che la frangia più estrema e reazionaria tra i supporter di Trump sia diventata larga maggioranza, in tutto il paese. In questo contesto ambienta la sua storia, che a me fa venire in mente a tratti Breaking Bad, a tratti Kill Bill. Non azzardo a dire che si tratti di scopiazzature, però neppure mi sembra che alcune trovate siano particolarmente originali.
«La lista degli stronzi» mi sembra soprattutto un libro di denuncia su quello che potrebbero diventare gli Stati Uniti, se le cose andassero nel peggiore dei modi possibili. Ma anche così mi pare un libro debole, perché i cattivi sono davvero delle macchiette (che poi ne esistano davvero, di personaggi così, non ne dubito: ho appena letto che moglie e marito che hanno puntato la pistola e il fucile di fronte a dei manifestanti colpevoli di passare davanti a casa loro, saranno ospiti della convention repubblicana per le elezioni presidenziali).
Ma comunque, la storia, la narrazione, a mio parere, è molto debole. Inoltre, non ci ritrovo mai l'ironia, lo spirito, la genialità degli altri libri di John Niven, a partire da «A volte ritorno», che pure degli Stati Uniti d'America di oggi parla eccome.
Niven immagina gli Stati Uniti tra qualche anno. Immagina che la frangia più estrema e reazionaria tra i supporter di Trump sia diventata larga maggioranza, in tutto il paese. In questo contesto ambienta la sua storia, che a me fa venire in mente a tratti Breaking Bad, a tratti Kill Bill. Non azzardo a dire che si tratti di scopiazzature, però neppure mi sembra che alcune trovate siano particolarmente originali.
«La lista degli stronzi» mi sembra soprattutto un libro di denuncia su quello che potrebbero diventare gli Stati Uniti, se le cose andassero nel peggiore dei modi possibili. Ma anche così mi pare un libro debole, perché i cattivi sono davvero delle macchiette (che poi ne esistano davvero, di personaggi così, non ne dubito: ho appena letto che moglie e marito che hanno puntato la pistola e il fucile di fronte a dei manifestanti colpevoli di passare davanti a casa …
Niven immagina gli Stati Uniti tra qualche anno. Immagina che la frangia più estrema e reazionaria tra i supporter di Trump sia diventata larga maggioranza, in tutto il paese. In questo contesto ambienta la sua storia, che a me fa venire in mente a tratti Breaking Bad, a tratti Kill Bill. Non azzardo a dire che si tratti di scopiazzature, però neppure mi sembra che alcune trovate siano particolarmente originali.
«La lista degli stronzi» mi sembra soprattutto un libro di denuncia su quello che potrebbero diventare gli Stati Uniti, se le cose andassero nel peggiore dei modi possibili. Ma anche così mi pare un libro debole, perché i cattivi sono davvero delle macchiette (che poi ne esistano davvero, di personaggi così, non ne dubito: ho appena letto che moglie e marito che hanno puntato la pistola e il fucile di fronte a dei manifestanti colpevoli di passare davanti a casa loro, saranno ospiti della convention repubblicana per le elezioni presidenziali).
Ma comunque, la storia, la narrazione, a mio parere, è molto debole. Inoltre, non ci ritrovo mai l'ironia, lo spirito, la genialità degli altri libri di John Niven, a partire da «A volte ritorno», che pure degli Stati Uniti d'America di oggi parla eccome.
Che dire? È una lettura divertente, molto. È il secondo libro della serie, in cui ho ritrovato le protagoniste della prima. Le vicende, però, sono un po' più spostate su Eva, come si capisce dal sottotitolo, la romanissima titolare del negozio di profumi.
Come il primo, l'ho letto in un giorno, perché scorre via, nell'attesa di vedere i cattivi che si prendono le botte che si meritano. Ho già per le mani il terzo, dedicato a Sara.
Che dire? È una lettura divertente, molto. È il secondo libro della serie, in cui ho ritrovato le protagoniste della prima. Le vicende, però, sono un po' più spostate su Eva, come si capisce dal sottotitolo, la romanissima titolare del negozio di profumi.
Come il primo, l'ho letto in un giorno, perché scorre via, nell'attesa di vedere i cattivi che si prendono le botte che si meritano. Ho già per le mani il terzo, dedicato a Sara.
Letto molto velocemente, perché mi ha divertito ed è stato perfetto per passare una giornata sotto l'ombrellone. Penso che passerò anche ai volumi successivi, ma sempre con lo spirito di una lettura di totale evasione. Non che manchino i riferimenti - ben poco d'evasione - alla criminalità organizzata che devasta Roma e alla discriminazione di genere. Ma, lo confesso, in me come lettore è prevalsa la spinta al 'vedere quando 'sti cattivi si prenderanno le mazzate che meritano'.
Letto molto velocemente, perché mi ha divertito ed è stato perfetto per passare una giornata sotto l'ombrellone. Penso che passerò anche ai volumi successivi, ma sempre con lo spirito di una lettura di totale evasione. Non che manchino i riferimenti - ben poco d'evasione - alla criminalità organizzata che devasta Roma e alla discriminazione di genere. Ma, lo confesso, in me come lettore è prevalsa la spinta al 'vedere quando 'sti cattivi si prenderanno le mazzate che meritano'.
A few weeks after marrying an attractive young widow, Gordon Cloade is tragically killed by …
None
4 stelle
La trama, la suspense, lo scoprire l'assassino, per me è secondario. È decisamente più interessante il quadro di una famiglia con personaggi diversi, che vivono in un mondo tutto loro. A mio gusto, è un romanzo bello e piacevola. Non al livello di «Dieci piccoli indiani», che è il mio preferito, ma bello.
A few weeks after marrying an attractive young widow, Gordon Cloade is tragically killed by …
Review of 'There is a Tide' on 'Goodreads'
4 stelle
La trama, la suspense, lo scoprire l'assassino, per me è secondario. È decisamente più interessante il quadro di una famiglia con personaggi diversi, che vivono in un mondo tutto loro. A mio gusto, è un romanzo bello e piacevola. Non al livello di «Dieci piccoli indiani», che è il mio preferito, ma bello.
Credo di aver commesso un errore, e cioè di aver centellinato la lettura di questo libro, poche pagine alla sera prima di addormentarmi. Così ne ho avuto la sensazione del racconto di un amore claustrofobico. A metà ho accelerato, e in un paio di apertura l'ho finito, trovandolo decisamente più coinvolgente. Ricordo che «L'uomo che guardava passare i treni» mi era piaciuto parecchio, questo un po' meno ma, in ogni caso, il Simenon 'non-Magreit' lo trovo sempre piacevole.
Credo di aver commesso un errore, e cioè di aver centellinato la lettura di questo libro, poche pagine alla sera prima di addormentarmi. Così ne ho avuto la sensazione del racconto di un amore claustrofobico. A metà ho accelerato, e in un paio di apertura l'ho finito, trovandolo decisamente più coinvolgente. Ricordo che «L'uomo che guardava passare i treni» mi era piaciuto parecchio, questo un po' meno ma, in ogni caso, il Simenon 'non-Magreit' lo trovo sempre piacevole.
Ho scelto di leggerlo attratto dal titolo, che trovo molto bello. Il racconto pure l'ho trovato piacevole, unica nota è che, a mio gusto, è eccessivamente lungo. La quarta di copertina promette che all'ultima pagina ci sarà una rivelazione che 'vi mette knockout'. Ecco, a me non è successo.
Review of 'Le luci nelle case degli altri' on 'Goodreads'
3 stelle
Ho scelto di leggerlo attratto dal titolo, che trovo molto bello. Il racconto pure l'ho trovato piacevole, unica nota è che, a mio gusto, è eccessivamente lungo. La quarta di copertina promette che all'ultima pagina ci sarà una rivelazione che 'vi mette knockout'. Ecco, a me non è successo.