cretinodicrescenzago ha recensito The Steel Tsar di Michael Moorcock (Oswald Bastable, #3)
Una conclusione adrenalinica e metanarrativa
4 stelle
Avviso sul contenuto Si commenta un colpo di scena legato all'identità di un personaggio
Non ho resistito e dopo aver letto questa estate The Land Leviathan ho deciso di completare la trilogia del capitano Bastable con questo The Steel Tsar, pur sapendo bene che i pronostici non fossero buoni: notoriamente Moorcock ha creato questo romanzo partendo da scene tagliate del primo episodio, The Warlord of the Air, la prima stesura venne fuori disastrosa, e l'ha riscritto in gran parte per integrarlo "meglio" entro la macro-saga della Gilda degli Avventurieri Temporali (in cui ricadono anche i bellissimi Behold The Man e Breakfast in the Ruins and other stories). Ora, questa gestazione infelice sicuramente si avverte nei tempi narrativi del romanzo, che in teoria presenta i canonici tre atti ricalcati sul ritmo del secondo tomo (Singapore, Rowe Island e l'Ucraina) ma in realtà è nettamente bipartito con l'accetta fra la claustrofobica avventura di Bastable in Asia Sudorientale, che ha molto del romanzo esistenzialista di terribili tensioni sociali entro una città micro-cosmo (non dico Lo straniero, ma quasi), e una vicenda più convenzionalmente hollywoodiana di battaglie fra dirigibili e automi nei cieli d'Ucraina, palesemente ricalcata su certe situazioni di The Warlord of the Air... ma ciò non è necessariamente un male, perché se il primo "episodio" è un fenomenale Moorcock che scrive narrativa "di costume" e "di maniera" (o, diciamolo pure, "psicologica"), il secondo "episodio" gioca a proprio vantaggio le somiglianze con il primo romanzo per costruire un notevolissimo sviluppo caratteriale di Bastable e una risoluzione convincentissima del suo conflitto personale, decisamente superiore al climax analogo vissuto da John Daker in The Dragon in the Sword. Certo, questo impianto lascia un po' spiacevolmente fra parentesi gli eventi del secondo romanzo, in relazione alla trama generale, e appiattisce l'antagonista di questo tomo, lo Zar d'Acciaio Josef Dzhugashvili, in una caratura un po' piatta di mero antagonista, ben meno interessante dei suoi due predecessori piacevolissimamente antieroici, il generale O. T. Shaw e l'Attila Nero – ma in compenso abbiamo sul campo due comprimari carismatici quali Nestor Makhno ed Elric di Melniboné sotto il suo simpaticissimo alias di Monsieur Zenith, che personalmente ho amato sia per i messaggi morali positivi di cui sono portavoce sia per il bel lavoro di costruzione organica del Multiverso moorcockiano. E il finale catartico degno di The Warhound and the World's Pain è stato la ciliegina sulla torta.
Grazie capitano Bastable della compagnia, grazie compagno Moorcock per questa fantascienza libertaria leggera che fa squadra con quella aulica della compagna Ursula K. Le Guin.