cretinodicrescenzago ha recensito Amsterdam di Ian McEwan
Il meglio che la letteratura del cazzo può offrirci – e non è comunque il massimo
3 stelle
Avviso sul contenuto Commento il "colpo di scena" finale, in realtà telefonatissimo
Per chi mi segue assiduamente, no, non mi hanno rubato le credenziali del profilo: ho sul serio inframmezzato un autore di "letteratura dotta contemporanea" alla mia usuale dieta di narrativa di genere e/o impegnata in senso smaccatamente progressista. Per altro, ho finalmente imparato che Ewan McGregor è l'attore, Ian McEwan è il romanziere, ma questo non ci riguarda. Questo Amsterdam l'ho trovato... carino, suppongo? In termini di intreccio, è sostanzialmente l'equivalente in prosa di un film drammatico alto-borghese che si potrebbe vedere al cinema come produzione per la stagione primaverile, o in TV su un'emittente privata leggermente patinata tipo HBO: - Antefatto: è il gennaio '98 e una famosa fotografa muore di malattia - Incipit: il funerale della fotografa catalizza una crisi personale a suoi amici egualmente ricchi e potenti - Trama A: l'amico compositore si esibisce in articolati soliloqui sull'impossibilità di catturare la scintilla artistica nell'epoca selvaggia della fine del millennio. - Trama B: l'amico giornalista si ritrova per le mani un caso scandalistico che potrebbe sconcertare l'intero Regno Unito. - Climax: compositore e giornalista si rivelano due idioti, si sputtanano la carriera a vicenda e si ammazzano l'un l'altro con una coreografia tanto astrusa quanto pretenziosa. Indubbiamente la trama del reporter presenta tuttora il suo fascino, visto che mette in scena quel tipo di disfunzione dei media e del dibattito pubblico che ancora ci piaga la vita trent'anni dopo (e anzi, ormai stiamo molto peggio), dall'altro lato la trama del musicista si può apprezzare davvero solo avendo la formazione tecnica per star dietro alle sue raffinatissime elucubrazioni professionali – che non dubito McEwan abbia reso con estremo rigore, ma sinceramente mi ha causato il medesimo effetto "Che minchia sto leggendo" che mi inducono le scene di alpinismo/trekking/navigazione a vela. Poi vabeh, per forza di cose l'opera ricade nel filone "Maschi Bianchi Etero Colti e Borghesi si auto-distruggono per la loro povertà morale" inaugurato quantomeno da La coscienza di Zeno, ovverosia un genere per cui io provo una certa qual antipatia, visto il nichilismo auto-assolutorio che gli fa da fondamento ideologico, ergo era fisiologica una certa sensazione di già visto e già fatto. Però dài, è stata una lettura educativa per ricordarmi cosa interessa al gotha dell'editoria.