cretinodicrescenzago ha recensito Lyonesse di Jack Vance
High fantasy fatto bene – cioè neo-cavalleresco
4 stelle
Nel corso della grande pandemia del 2020 ho avuto la discutibile idea di iniziare e leggere in alternanza due serie di fantasy classico assai corpose, cioè la saga di Lankhmar di Fritz Leiber e quella di Lyonesse di Jack Vance; pochi giorni fa ho finito l'eptalogia di Leiber con The Knight and Knave of Swords, oggi è la volta della trilogia di Vance.
Per cominciare la recensione, un paragone audace: fra tutti i molti classici del fantasy anglofono che ho letto, Lyonesse mi ha ricordato immensamente e positivamente l'Orlando Furioso e non mi sorprenderei se scoprissi che Vance aveva effettivamente in testa il modello di messer Ariosto. Ora, perché dico questo? In primo luogo, perché se Ariosto celebrava affettuosamente tutta la grande tradizione del romanzo carolingio e arturiano mettendo in scena l'inedita pazzia lussuriosa di Orlando, allo stesso modo Vance rende omaggio alla saga arturiana in quanto "radice …
Nel corso della grande pandemia del 2020 ho avuto la discutibile idea di iniziare e leggere in alternanza due serie di fantasy classico assai corpose, cioè la saga di Lankhmar di Fritz Leiber e quella di Lyonesse di Jack Vance; pochi giorni fa ho finito l'eptalogia di Leiber con The Knight and Knave of Swords, oggi è la volta della trilogia di Vance.
Per cominciare la recensione, un paragone audace: fra tutti i molti classici del fantasy anglofono che ho letto, Lyonesse mi ha ricordato immensamente e positivamente l'Orlando Furioso e non mi sorprenderei se scoprissi che Vance aveva effettivamente in testa il modello di messer Ariosto. Ora, perché dico questo? In primo luogo, perché se Ariosto celebrava affettuosamente tutta la grande tradizione del romanzo carolingio e arturiano mettendo in scena l'inedita pazzia lussuriosa di Orlando, allo stesso modo Vance rende omaggio alla saga arturiana in quanto "radice letteraria" dalla quale sono scaturiti i fantasisti del Novecento (lui compreso), e lo fa non ri-narrando le vere leggende della Tavola Rotonda, bensì inventandosi la saga dei lontani cugini di re Artù sovrani delle Isole Antiche. In secondo luogo, perché proprio come il Furioso anche Lyonesse è indiscutibilmente un "romanzo mondo" in cui si intrecciano assieme numerose trame parallele e ognuna di esse ha un "sapore" suo proprio, così che qualunque lettore potrà trovare almeno un filo di intreccio appassionante: la guerra sia occulta sia campale fra Lyonesse e Troice, i Bildungsroman di Suldrun e Madouc, le varie quête di re Aillas, le avventure puramente fiabesche del principe Dhrun, il complicatissimo intrigo stregonesco che oppone Murgen a Desmëi – insomma, un'autentica summa di quel repertorio che faceva la fortuna dei trovatori, rivisitata da Vance in un impianto che tiene incollati alla pagina. In terzo luogo, perché anche Vance come Arioso è chiaramente innamorato della materia di Bretagna che sta recuperando e reinventando, ma proprio per questo sparge per tutta la sua opera un piacevolissimo senso dell'umorismo che irride gli innumerevoli personaggi tronfi e pomposi, ma si dilegua senza indugio quando arriva il momento della suspence o della commozione. E sempre parlando della voce autoriale di Vance, credo di non essermi mai gustato come in questa serie le descrizioni di abiti e oggetti: il nostro autore ha una capacità notevole di fornire esattamente la quantità giusta di dettagli per rendere il quadro vivido ma non sovraccarico (impara, Chiara Gamberetta...).
Finiti i paralleli positivi con l'Ariosto, che altro possiamo dire? Che i personaggi sono sì piuttosto tipizzati ma fanno egregiamente il loro lavoro; che le Isole Antiche sono popolate da fate, fatine, mostri e spiritelli deliziosi; che le scene di battaglia e intrigo sono avvincenti – e che la trama della guerra fra maghi è un po' troppo contorta, visto che si svolge spesso fuori scena, è raccontatata anacronicamente e (come ho scoperto dopo) fa riferimenti espliciti alle complesse leggi della magia che Vance aveva creato per il ciclo The Dying Earth (che io ho solo sfogliato ma non letto integralmente). In aggiunta, va rimarcato che l'architettura delle serie è un po' eccentrica: il primo romanzo è estremamente denso e mette in moto subito pressoché tutte le trame, il secondo prosegue organicamente la maggior parte di esse ma ne elabora alcune ben più di altre (e secondo me eccede nel caso della vicenda di Glyneth), il terzo diventa quasi "monografico" nel seguire principalmente la (bellissima) avventura di Madouc e subordinare ad essa tutte le altre vicende, pur senza perdere nulla per strada. L'impianto finale è certamente funzionale, ma è doveroso buttar giù qualche appunto per ricordare chi sta facendo cosa e non perdersi per strada le anticipazioni di colpi di scena.
In chiusura, nella mia modesta opinione Lyonesse è il grande romanzo di fantasy epico statunitense, degno di stare poco sotto a The Lord of the Rings per l'alta qualità della prosa e della carica inventiva, con buona pace di chi oppone al "buonismo" di Tolkien i romanzi "maturi e cupi" di Poul Anderson e Fletcher Pratt – Anderson e Pratt hanno certamente dei meriti (nonché il demerito di essere dei proto-darkettoni) e probabilmente Vance è in debito con loro, ma la solarità e il senso del meraviglioso di Lyonesse sono su un altro livello.