cretinodicrescenzago ha recensito The Well of the Worlds di Henry Kuttner
Il punto più basso di due autori stanchi
1 stella
Avviso sul contenuto Commenti esplicit al (telefonato) colpo di scena del finale
Nell'autunno 2021 ebbi la brillante idea di rileggere l'ottimo The Dark World e in quel momento, da bravo autistico ossessivo, mi impegnai a leggere anche gli altri sette romanzi science fantasy composti da Henry Kuttner e Catherine Lucille Moore, e finalmente con questo The Well of the Worlds ho concluso l'opera. E purtroppo si è chiusa in farsa.
Momento di contesto: Hank e Catherine iniziarono a comporre romanzi d'avventura fantastica nel 1943 con Earth's Last Citadel, che vendettero al mensile «Argosy», poi nel Dopoguerra composero a raffica altri sei testi usciti fra '46 e '49 su «Startling Stories», con esiti di qualità variabile (a voler fare una mia classifica, in testa The Dark World, in fondo assai distanziato Lands of the Earthquake)... per poi abbandonare il genere, ritornandoci un'ultima volta nel '52 appunto con The Well of the Worlds. E, dal mio punto di vista, quest'ultimo romanzo pubblicato così isolato odora lontano un miglio di lavoretto facile e veloce per pagare una bolletta, siccome ha dentro tutti gli elementi più deboli delle precedenti opere, frullati assieme alla buona. C'è il viaggio nello spazio-tempo sino a una classicissima dimensione wellsiana in cui alieni semidivini tiranneggiano sugli umani, già vista in Earth's Last Citadel. C'è una contrapposizione elementare fra femme fatale e donzella in pericolo che in Lands of the Earthquake era, forse, l'unico tema ben eseguito (il che è tutto dire). C'è un antagonista maschile piatto come un foglio di carta vagamente reminiscente dei cattivi di Ian Fleming, analogo all'antagonista del peggiore fra i racconti di Catherine inclusi in Judgment Night: A Selection of Science Fiction. C'è un protagonista ebete che finisce in mezzo al conflitto nel mondo parallelo, fa il boccalone per 3/4 del romanzo senza capire una beata fava e si sveglia sul finale a schierarsi, non diversamente dall'eroe di The Mask of Circe. E, quel che è peggio, questi ingredienti banalotti ma non per questo da buttare sono soffocati da pagine e pagine di prosa vuota in cui la più piccola azione e descrizione viene gonfiata con dettagli sovrabbondanti quanto generici (sembra un controsenso, ma giuro che si presta) e con riflessioni rimuginanti della voce narrante, chiaramente atte ad allungare il brodo di una storia che avrebbe potuto essere raccontata in modo più conciso e risolversi in metà delle pagine – e per far capire quanto ciò sia grave, basta pensare che nel climax del romanzo c'è sostanzialmente un duello di spade laser fra due aliene semidivine su una piattaforma di vetro sospesa sopra un buco-di-vermi artificiale, eppure questa scena potenzialmente così avvincente e spettacolare risulta solamente decente, poiché arriva al termine di eventi noiosi e privi di qualsiasi pathos ed è seguita da ulteriori, noiosissimi spiegoni. Ora, io non biasimo Moore e Kuttner per aver riproposto una formula narrativa collaudata in cui, ormai, non avevano chiaramente più interesse, però è un peccato che il loro congedo dalla narrativa lunga sia di livello così basso. Mi sa che quando tornerò a trovarli, in un prossimo futuro, passerò ai racconti brevi...